La cultura del vino nel Lazio ha origini antichissime visto che i romani e, prima ancora gli Etruschi, erano dediti alla coltivazione della vigna. Tra i laziali ed il nettare di Bacco, il legame era talmente forte che essi istituirono numerose feste in occasione della vendemmia e d’altri momenti legati al ciclo della vite, tra cui i famosi baccanali e le vinali descritte da Plinio e Columella. Sopravvissuta al crollo dell’Impero Romano grazie al sapiente lavoro dei monaci, la viticoltura di questa regione ha conosciuto periodi di grande splendore alternati ad altri d’oblio e d’oscura decadenza. Nell’ultimo decennio, grazie al lavoro ed alla passione di molti viticoltori che hanno migliorato i vecchi impianti e ammodernizzato le tecniche di vinificazione, si sta redifinendo l’immagine del vigneto Lazio e si colgono un po’ ovunque incoraggianti segnali di rinnovamento e crescita. Il territorio, d’altronde, non manca certo dei requisiti necessari per assurgere a protagonista di rilievo nell’enologia nazionale: temperature miti, gran varietà di microclimi e straordinaria eterogeneità dei suoli.

Il Parco dei Castelli Romani è sicuramente una delle aree protette italiane a maggior vocazione vitivinicola: e non potrebbe essere altrimenti, considerato che il nome stesso del parco evoca una celebre tipologia di vini romani. Ma quella dei Castelli non è l’unica Doc a insistere sul territorio del parco. Le denominazioni sono numerose e in parte si sovrappongono, in parte si escludono. Quella dei Castelli è la più generale, quella che abbraccia quasi tutti i comuni del parco. Prevede vini bianchi, rosati e rossi, nelle tipologie secco, amabile, frizzante e novello (solo per il rosso). I vitigni consentiti sono la malvasia di Candia e puntinata, il trebbiano e altri sino a un massimo del 30% per i bianchi. Per i rossi e i rosati sono leciti cesanese, merlot, montepulciano, nero buono e sangiovese. Nei comuni di Frascati, Grottaferrata, Monteporzio Catone e parte di Montecompatri si ha la denominazione Frascati Bianco, che si ottiene da vitigni malvasia di Candia e trebbiano toscano, più altri consentiti sino a un massimo del 30%. Nel territorio del comune di Marino e parte di quelli di Roma e Castel Gandolfo si ha la denominazione Marino, riservata ai bianchi ottenuti con malvasia di Candia, localmente detta malvasia rossa, trebbiano e malvasia del Lazio, localmente detta puntinata. Nel territorio dei comuni di Ariccia, Albano e parte di Pomezia, Ardea,  Castel Gandolfo e Lanuvio si ha la denominazione Colli Albani per bianchi ottenuti da malvasia di Candia, trebbiano e malvasia del Lazio. Infine nel territorio di Colonna, Montecompatri, Zagarolo e Roccapriora si ha la Doc Montecompatri-Colonna per bianchi ottenuti da malvasia di Candia, trebbiano e in misura minore da bellone e bonvino.